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Eleonora Maria Catalano

The Stando – Rage and Quietness

Rage and Quietness

The Stando – Rage and Quietness

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Eleonora Maria Catalano

Il 20 ottobre usciva, in contemporanea al nuovo album di Calcutta, l’ultimo album dei The Stando Rage and Quietness, in esclusiva fisica da Pistelli & Bartolucci, seguito una settimana dopo dalla versione digitale. I The Stando noi li ricordiamo da quest’estate, quando hanno suonato al Wah Wah Music Fest a Voghiera. Trovate inoltre la loro prima intervista da noi sempre qui sul nostro sito.
Oggi però siamo qui per parlare del nuovo album. Rage and Quietness contiene sette canzoni che, se conoscete i The Stando, avrete in un modo o nell’altro già sentito da qualche parte. Le canzoni, che i ragazzi ci hanno anticipato durante l’estate e nei diversi concerti, raccontano della loro vita, di un cambiamento: l’album racchiude un percorso, dalla formazione della band a oggi, dal quale i ragazzi hanno acquisito una maggiore consapevolezza e maturità musicale.
Dall’ultima volta i The Stando hanno cambiato formazione. Il chitarrista Mattia Sciarretta ha lasciato il posto, per ragioni di vita personali, a Fabio Di Nicolantonio. La sua impronta, tuttavia, è assolutamente viva e presente nell’album.

Federico Singaraj – batteria
Fabio Di Nicolantonio – chitarra solista
Alessandro Onorato – basso
Gabriele Cipolla – voce
Andrea Sarappo – chitarra ritmica e tastiere

Parliamo un po’ di questo album. Qual è il filo conduttore?

Gabriele: Prima ci scherzavamo su questa cosa. Trovare un filo conduttore in questo album è difficile, secondo me in tutti i primi album di ogni gruppo. Alla fine, il nostro non è il primo album, quello “perfetto” come, non so, i Black Album dei Metallica: quelli sono album che vengono comunque da qualcosa che c’era prima prima, qualcosa che è ancora in formazione. Prima di Nevermind dei Nirvana c’è Bleach, tutti album che devono dare ancora un’idea del gruppo e magari non hanno un filo conduttore. Questo nostro album è una specie di compilation di canzoni uscite dal periodo in cui ci siamo formati, quindi il filo è impossibile da trovare tra tutti i brani. Però ognuno parla di una determinata cosa che possiamo dire di aver vissuto tutti in questo periodo e ci siamo passati attraverso la musica, che è quello che ci ha unito di più.
Dopo le superiori ci siamo un po’ divisi, ed infatti abbiamo dovuto cambiare il nostro chitarrista principale perché ha lasciato Ferrara. È come se fosse il resoconto di un viaggio, questo album chiude un periodo e ne riapre un altro più professionale. Abbiamo capito più cose e ci siamo buttati in un ambito di registrazione più serio che ci apre anche più porte e che ci ha fatto conoscere diverse cose nuove.
Anche il fatto che alcuni brani piacciono di più ed altri meno, è anche questa la manifestazione che non è un album con un pensiero, un concetto serio di sottofondo, è come un primo assaggio di questo nuovo periodo dei The Stando, un antipasto!

Avete raccontato di come questo album sia una compilation di questo periodo della vostra vita. Voi che suonate vi sentite più rappresentati dalla musica che aggiungete o dal testo?

Federico: Il contributo che diamo noi strumentalisti è maggiormente musicale, poi con i testi tutti noi in realtà diamo anche il nostro, quindi alla fine i progetto è del gruppo a tutto tondo, non c’è divisione di compiti specifica.

Gabriele: È come il prisma nella copertina dei Pink Floyd, io do la luce bianca e loro la fanno diventare un arcobaleno.

Ascolta l’album mentre leggi il prossimo paragrafo!

Potete farci una guida all’ascolto dell’album?

Gabriele: Rage and Quietness [il brano che dà il titolo all’album, ndr] parla di litigate, non di litigate banali, ma quelle litigate pesanti che subito dopo non sai come gestire, quindi ci si divide, una persona si zittisce e l’altra invece ha il bisogno di urlare e parlare per cercare una comprensione. È un’allegoria perché la canzone comincia piano e diventa poi più intensa. I miei pezzi preferiti dell’album sono quelli dove il testo ha proprio uno scopo rappresentativo.
Bad Advice è una delle canzoni più “easy listening”, quella che rimane di più quando l’ascolti.
Brooklyn è stato molto interessante costruirla, forse l’ultima che abbiamo fatto. Parla di quella relazione dove fate sempre la stessa cosa e uno dei due si stanca anche se siete innamorati.
Mustang è la canzone più liberatoria, però secondo me quelle più “infuocate” sono sicuramente Rage and Quietness, Brooklyn e Madison. Quest’ultima è la canzone più ritmica, possiamo dire che è quella che ci avvicina di più ai Red Hot e ha qualcosa di più funky. La strumentale di quest’album è quello che più mi ha appassionato e i testi sono un buon accompagnamento.
Sam è quella che abbiamo scritto per prima. Parla di questo Sam che è il personaggio di un musicista fallito, che prova a sfondare ma non ci riesce e perde il suo sogno. Dal punto di vista strumentale ha un assolo fighissimo alla fine di cui se ne occupa Ciaspo [Andrea, ndr]. Dalla demo sono cambiate diverse cose, ovviamente è stata registrata da capo, poi è stata rallentata e abbiamo aggiunto dei cori. In generale avevamo tutta un’altra consapevolezza.
Sweetheart è la canzone più controversa dell’album, controversa perché non piace al bassista. No sto scherzando; il riff è partito da Mattia [chitarra solista della formazione precedente, ndr] che ha dato un sacco di colore ad una mia demo iniziale in cui c’era solo un abbozzo di chitarra e una strofa. La particolarità di quella canzone sta nei passaggi armonici inusuali, che possono suonare interessanti.
Quella subito dopo, Your Spell On Me, è quella che forse amiamo di più, perché è quella che ci definisce dal punto di vista di suono e di influenze. È una canzone che ci completa, che testa i limiti creativi di ognuno. Tutte le parti funzionano e hanno un senso solo se suonate insieme alle altre. C’è poco da fare, è il pezzo più figo.
Giraffes, l’ultima, è una sorta di outro, in cui viene messo insieme nel testo tutto ciò che è stato detto nell’album e tutto quello che abbiamo fatto assieme. Ovviamente c’è una grandissima malinconia, presa appieno dal giro di pianoforte e chiude una parentesi.

Andrea: In questo album abbiamo sperimentato un nuovo spazio di registrazione, in questo caso abbiamo avuto l’occasione di collaborare con Riccardo Gazza di Pistelli & Bartolucci che ci ha proposto di produrre l’album, e in questo periodo storico, quando sei un gruppo con non così tanti ascolti, avere qualcuno che ti propone questa cosa è particolare, inaspettato.

Gabriele: Ci siamo totalmente affidati a lui che ci ha portato da Andrea Manservigi nel suo studio che chiama “bunker”, quindi la novità è che oltre ad aver cambiato produttore, che prima non avevamo e che ci supporta sia idealmente che economicamente, abbiamo sperimentato anche con il mix e master. Gente che non avevamo mai conosciuto ma che ci ha supportato con molte idee e ci ha insegnato molto. Per le fasi finali ci siamo affidati a Riccardo Pasini, che ha lo studio a Ravenna e ci ha dato proprio il suono che cercavamo.
Anche in ambito copertina ci siamo sbizzarriti, la copertina di Brooklyn viene da un artista statunitense a cui abbiamo chiesto se potessimo usare il suo dipinto. La copertina dell’album è un’opera di Sophie Margolin. La scelta delle copertine sia per i singoli usciti prima che per l’album in sé è stata un po’ travagliata, non eravamo mai veramente tutti d’accordo e per trovare quella che è ora ci abbiamo messo molto. Abbiamo lottato molto internamente nel gruppo anche per le canzoni da inserire, avevamo tre brani che riteniamo importanti ma che poi abbiamo scartato, anche se siamo pronti a pubblicarli poi in futuro, magari come singoli.
Siamo colpiti di come stia andando l’uscita dell’album, da quello che dice Spotify siamo arrivati anche in America, che per quel poco che sia è comunque un traguardo non da poco, non avendo amici o conoscenti là.

Fabio: Dal punto di vista di un ascoltatore, perché sono entrato da poco, trovo che l’album possa dare tranquillamente il concetto di un immaginario che presenta dei punti in comune. Io lavoro molto con le immagini e secondo me, vedendo la copertina, trovo che ogni canzone abbia veramente qualcosa in comune, come se tutti i singoli partissero da un punto della vita di ogni persona per poi allargarsi.

Fabio, come sei entrato a far parte del gruppo? Vi conoscevate già?

Fabio: Io ho fatto due annetti (scarsi) di conservatorio con Gabriele, avevamo classe di teoria assieme e mi ha chiamato a provare con un suo gruppo che poi si è sciolto. Abbiamo fatto solo una prova, ho portato sfiga! Poi un giorno stavo andando a provare con un altro gruppo e Cipo mi chiama dicendo: “senti, dobbiamo presentare un album tra una settimana e c’è il primo chitarrista che è andato a fare la guardia di finanza”. Ho accettato al volo perché comunque li seguivo già da prima.

Qual è la vostra canzone preferita?

Federico: Secondo me Giraffes come ascoltatore, Your Spell On Me però da suonare è più particolare.

Andrea: Da musicista direi Your Spell On Me, da ascoltatore Madison.

Fabio: Concordo con Andrea per la scelta da musicista, come ascoltatore Sam.

Gabriele: Sam dico che è la più figa, la più stilosa. Però quella di cui vado più fiero è Rage and Quietness. La tua invece?

Sam e Madison, ma direi soprattutto Madison.

Gabriele: Ci sta, non è scontato. Tutti dicono Brooklyn di solito.

Federico: Questo forse non potevamo dirlo…

Gabriele: No, no… ho insultato qualcuno?

Se vuoi farlo, lo registriamo.

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