Da tempo ormai, come credo molti di voi, sono innamorato di Adriano Viterbini. Il chitarrista romano, che negli ultimi anni si è ritagliato un posto d’onore nel panorama blues-rock italiano, mi ha stregato fin da subito. Vidi un suo concerto con i Bud Spencer Blues Explosion proprio a Ferrara Sotto Le Stelle, in una serata a tre band con FASK ed Ex CSI, e fu una vera e propria bomba a mano. Ma quella sera tornai a casa con un pensiero in testa: lui non può essere “solo” questo. Mi spiego meglio, quando vai a vedere i BSBE preventivi già un acufene il giorno seguente, il male al piede dal tanto che lo sbatti forte e il collo indolenzito. Lo sai, e se (come dovrebbe essere a prescindere, ndr) ami i White Stripes è pure inevitabile il paragone che se fatto senza troppi pensieri rischia di lasciarti pure un po’ insoddisfatto. Ma un chitarrista così ha molto più da dire.
E allora comincio subito a seguirlo sui social e a documentarmi sui suoi lavori. È così che compro il vinile a scatola chiusa del suo ultimo disco solista, Film |O| Sound, lo lascio sul piatto una settimana buona, e poi sento suonarlo dal vivo al Palazzo Pepoli di Bologna. Innamorato, non credo ci sia altro termine. Un incontro tra il delta blues, l’Africa e le atmosfere a strisce bianche e rosse che solo Viterbini stesso è degno di ricreare. E poi comincio a vedere tante altre sue collaborazioni, con i Tre Allegri Ragazzi Morti, l’artista nigerino (sì, nigerino perché del Niger) Bombino, Fabi-Silvestre-Gazzè e, infine, un certo Nic Cester.
E subito mi colpisce il nome del progetto: Nic Cester And The Milano Elettrica. Corro a cercare qualcosa: beh, questo Nic Cester è niente di meno che il frontman dei Jet, quella band che nei primi anni 2000 mi aveva fatto capire che il vero rock non era affatto morto, nonostante MTV dicesse il contrario. Se come me non siete vecchi, ma vecchi abbastanza da ricordarvi MTV in primis e MTV quando trasmetteva i videoclip musicali, sicuramente vi ricorderete del loro singolo più famoso: “Are You Gonna Be My Girl?”. Quel riff impossibile da dimenticare e quel cantato a squarciagola degno dei migliori cantanti hard rock degli anni 70, mi sono rimasti in testa fino a qualche mese fa.
E allora corro a cercare qualcosa su Youtube, Spotify, ovunque. Ma niente, ancora troppo presto. Una sorta di qualche data-zero in Australia, paese natale di Nic. Mi metto il cuore in pace e rimango sintonizzato pronto ad aggredirli non appena avessero buttato fuori qualcosa, e quel qualcosa accade in fretta. Poco tempo dopo infatti, esce Sugar Rush, il primo disco solista di Nic Cester, che nel frattempo si è trasferito in Italia da qualche anno, sul lago di Como, un po’ per lasciarsi alle spalle i Jet e un po’ per riscoprire le sue origine italiane. Ascolto subito il disco, e mi documento: la band in studio è niente di meno che i Calibro 35. Un disco ad un primo impatto non affatto semplice, e un po’ deluso lo metto da parte. Ma poi escono i biglietti del tour, che comincia proprio qui in Italia, e fa tappa al Locomotiv Club di Bologna, una di quelle realtà meravigliose che ancora sopravvivono nel nostro Paese (e a due passi da Ferrara). Ho anche la fortuna di ricevere i biglietti come (il più bel) regalo di Natale, e allora pronti: il 16 Febbraio scorso, si salta in macchina pronti a farsi investire da un artista incredibile.
La band del tour è appunto la Milano Elettrica, composta esclusivamente da musicisti italiani, tra cui Sergio Carnevale dei Bluvertigo, Daniel Plentz dei Selton e il mio amato Adriano Viterbini. Il concerto è introdotto da un dj-set di Dente, a suon di classici italiani degli anni 60, l’atmosfera è quindi tranquilla, e sulle note di (mi perdonino i milanesi per eventuali errori) O’ Mia Bèla Madunìna la band sale sul palco e cominciano a suonare.
Due batterie, tastiere, basso, sax e la chitarra di Adriano. Boom! Staccano il quattro e rimango a bocca aperta: un groove pazzesco, cupo ma che sembra appartenerti da sempre. Il basso molto alto nel mix, come piace a me, dentro ad un fuzz bello pieno e saturo, ma mai sgarbato o troppo invadente. L’intreccio delle batterie è degno delle figure ritmiche che solo gli Allman Brothers, Carnevale dritto come un carro armato e Plentz che colora con percussioni e fill mai troppo invadenti, semplicemente bellissimi. Le tastiere presenti, sempre, e curate: dai synth al Rhodes in overdrive passando per l’Hammond. Il sax che colora il tutto e Viterbini che non si smentisce mai. E sul finire di questa intro, entra Nic Cester. Si avvicina al microfono, e non ce n’è più per nessuno.
La sua voce è la stessa di quando, nel 2003, me ne stavo seduto davanti al televisore a cantare in un inglese storpiato – che neanche Svalutation – il singolo che lo lanciava al successo. Potente, alta, altissima, ruvida, sporca. Di un’intonazione spaventosa. E da lì, la band si è lasciata andare ad uno spettacolo semplicemente stupendo. I riff ipnotici del basso a suon di fuzz erano un tutt’uno con il groove dei batteristi, che sostenevano le risposte di Viterbini al sax, lasciando lo spazio all’organo.
Questo è hard rock anni 70 pensi, ma poi ci senti un sacco di blues, e nelle ballate mai scariche o “sedute” riesce ad essere dannatamente soul. E poi non manca la musica etnica, specie in Sugar Rush, dove diverse frasi che ricordano l’Africa fanno da padrone cambiando completamente l’atmosfera e trascinandoti in un terreno esplorato da pochi, ma che è magistralmente perfetto.
Ed è qui che mi ricollego al mio discorso iniziale: in questo concerto ho veramente capito la grandezza di Viterbini. Con i BSBE te li aspetti quei suoni, ti aspetti della dinamite. Ma è in questo contesti che lo apprezzo di più, quando suona un accompagnamento impeccabile e poi si slega in un solo anche di pochi secondi, ma con quel suono che se chiudi gli occhi pensi immediatamente a Jack White, al quei fuzz e quelle distorsioni spinte al limite, che suonate in quel modo e solamente quello, sono perfette e mai troppe.
Come se non bastasse, ospite della serata è stato Poggipollini, che è salito per un paio di brani, tra cui una versione di Cissy Strut che mi ha lasciato a dir poco di stucco.
Insomma, quello a cui ho assistito è stato uno dei concerti più belli di sempre, un po’ perché mi son voluto tenere la sorpresa di lasciarmi trascinare e coinvolgere da una band che conoscevo praticamente solo di nome, un po’ per la maestria con la quale Nic Cester è riuscito a mescolare generi all’apparenza lontani tra loro e riuscire non solo a farli convivere, ma farli rinascere in un qualcosa di nuovo, dove tutto ha il suo posto. Nic Cester and the Milano Elettrica, una delle migliori sorprese di quest’anno, e non solo.
Vi consiglio veramente con il cuore di approfondire questo incredibile artista, che ha deciso di circondarsi dell’eccellenza della musica indie italiana, ed è riuscito a creare una musica stupenda, che ti coinvolge e ti lascia, alla fine, quella sensazione di bellezza che solo la migliore musica riesce a darti.
Jacopo Aneghini
Ph. © Fabrizio Di Bitonto