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Eleonora Maria Catalano

Loverspeed – Intervista ai Lafanki

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Eleonora Maria Catalano

I Lafanki sono una band che nasce nel 2022 dal rebranding dei “Funky Awesome Crew”, soprannominati “La Funky” dai loro ascoltatori. Dopo un cambio e un rinnovo musicale decidono di mantenere il nome creando così una parola nuova: “Lafanki”. Composta da quattro ragazzi, la band presenta alla batteria Adamo Corradi, al basso Michele Dallamagnana, alla chitarra Enrico Blanzieri e alla voce Giacomo Giraldi.

Come nasce la vostra idea di rebranding?

M: Nasce in modo naturale, i nostri interessi si sono spostati in un altro stile.

A: È cambiato anche il modus operandi 

M: Sì, è cambiato anche quello. Ci siamo trovati, in periodo di pandemia, a produrre in casa, quindi non ci si trovava più solo in sala, ma a ognuno veniva un’idea a casa e dopo ci si lavorava insieme o a distanza o in sala. 

A: È anche quello che è successo poi nell’ultimo album.

M: Poi in tutto questo Giacomo abita a Londra, quindi siamo obbligati.

A: È diventata poi una necessità a un certo punto fare tutto in via telematica.

G: Comunque la distanza ci ha permesso di sperimentare meglio ognuno per i fatti propri e portare una strada comune. 

A: Siamo riusciti a trarre vantaggio da ciò.

Come vi siete posti a livello d’immagine? E questo cambiamento si basa da una decisione precisa o segue il rebranding e quindi la vostra musica?

M: Decisamente dalla musica, è da questa che poi segue l’immagine.

G: Secondo me un’immagine ben definita non l’abbiamo ancora. Abbiamo trovato la nostra mascotte, la disco ball, però nel concetto estetico personale no, lo stiamo ancora sviluppando. Però la disco ball rispecchia molto il concetto dell’album, segue anche diverse canzoni tipo Fall In Love che è ambientata in una discoteca. 

E: Sicuramente la disco ball rispecchia l’album ma la cambieremo anche perché i nuovi singoli hanno qualcosa di diverso. 

Com’è costituito il vostro album? Possiede qualche filo conduttore tra una canzone e l’altra? 

G: Nei testi diciamo che il tema viene trasmesso tramite la musica e tratta della mia personale esperienza di relazioni con persone che conosco e conoscevo, prendo l’energia dalla strumentale e parlo tramite questo filo conduttore della diverse emozioni che mi trasmette ciò che mi sta vicino, come malinconia, felicità, amore, comunque esperienza di vita di un ragazzo dai 19 ai 23 anni che mi hanno poi segnato.

Secondo voi dai Funky Awesome Crew ai Lafanki sono cambiate diverse cose? Avete per esempio un destinatario o un luogo perfetto dove suonare?

E: Il posto ce l’ho: l’Arlecchino Disco. È una disco anni ‘80 con la disco ball e le piastrelle che si illuminano, fighissimo. 

In quella situazione, preferiste che ballasse la gente le canzoni o che le cantasse?

M: Io preferirei che cantassero

G: Dipende dove, in quel caso sarebbe meglio che ballino che cantino.

A: Già se riesci a far ballare il pubblico sarebbe un risultato, se cantassero sarebbe top. 

G: Riguardo al destinatario non abbiamo mai in mente a chi potrebbe piacere durante il processo di sviluppo. L’idea è che se fai musica la fai che piaccia a te. Se devi pensare a chi potrebbe piacere quello è un altro lavoro, esiste gente che come noi si ascolta certa roba. L’ascoltatore lo stiamo trovando e lui sta trovando noi. 

A voi piacerebbe essere più popolari oppure rimanere proiettati su un certo genere? Il pop o la nicchia?

G: Noi musicalmente siamo abbastanza versatili. 

M: Sì ma non facciamo più nicchia.

A: Forse il Funky Awesome Crew erano più di nicchia, mentre con i Lafanki siamo più versatili.

G: Comunque ci starebbe avere una fanbase abbastanza larga e hardcore, non che tutti ti conoscano per un pezzo sulla radio. Meglio una fanbase più ristretta ma che ti venga a sentire col sudore in faccia.

Vorremmo sapere quali sono le vostre influenze musicali personali: quali sono i tre album che vi portereste su un’isola deserta?

M: RAM dei Daft Punk, Currents di Tame Impala e Californication dei Red Hot Chili Pepper. 

E: Currents e Californication anche io. Il terzo Songs For The Deaf dei Queen of The Stone Age. 

G: Pure io Currents e Californication, e il terzo è Dr Dre 2001/The Chronic.

D: RAM, Currents e The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd. 

Da dove nasce la vostra passione per il funk?

G: Trovo che il funk sia uno di quei generi dove continui a scoprire sempre, una chicca dopo l’altra, anche oggi continuo a scoprire pezzi e cose nuove ma se devo dire un inizio forse quand’ero piccolo gli Chic, anche i The Brothers Johnson.

E: Io credo, suonando, i Red Hot da cui poi ho approfondito.

M: Anche per me, Californication è uno dei primi dischi di cui ho memoria e poi da li è partito l’amore per i Red Hot, che mi ha anche portato a suonare il basso. Io ho iniziato a suonare per i Red Hot, per Flea. Poi il funk, soprattutto per il basso, è molto divertente da suonare, quindi mi ha preso con il tempo. 

A: Io stessa cosa, avendo mia sorella che ascoltava i Red Hot mi sono appassionato che neanche sapevo facessero funk, ero convinto fossero solo rock, poi continuando a studiare lo strumento, nella batteria come nel basso prima o poi ci sbatti contro ai Red Hot, mi sono appassionato. 

Avete una condizione particolare in cui vi piace scrivere? 

E: O sole o sera, pioggia no, niente, però sì sera, soprattutto sera. 

G: Per me è diverso da loro, io non devo essere per forza con lo strumento quindi sono più libero e mi trovo bene a scrivere mentre viaggio, mentre sono su un mezzo di trasporto. A Londra molte delle canzoni dell’album le scrivevo sull’autobus, poi Forever l’ho scritta sul treno oppure Aura in aereo. 

Com’è composto il vostro album? Potete farci una piccola guida all’ascolto?

G: Primo passo è ascoltarlo tutto, dalla prima fino all’ottava. La prima, Swing, come dice il testo della canzone: “swing past mine”, passa da me un’ultima volta prima che me ne vada, prima che te ne vai; la canzone in sè può essere interpretata un po’ da tutti anche perché non specifico mai che sia un maschio, una femmina, per un amico o una fidanzata. Parla del sostegno di una persona che ci sarà sempre per te anche se ci si divide, da qui appunto passa da me un’ultima volta prima di dividerci. 

M: La canzone è molto ritmata. La batteria è disco con la cassa in 4, poi siamo circa a 110 bpm e anche basso e chitarra fanno giri funk.

G: Traccia numero due è Fall In Love, una canzone che cambia già le nostre dinamiche, è un po’ più pesante sull’elettronica.

M: Beh si, intanto non c’è il basso ma c’è un Moog.

G: Il concetto della canzone è in uno scenario disco nel momento in cui si è sotto l’effetto di droghe, di come ci si innamori nel buio di tutte le belle facce che vedi e dei colori delle strobo, comunque racconta la situazione in uno scenario del genere.
Traccia numero tre, Sex On The Beach. Ecco SOBT è una delle mie preferite.

M: Anche se è meno canzone e un po’ più strumentale, sembra quasi un brano house.

G: Qui c’è un giro di basso che  appena lo senti,  è molto sexy, ma anche la chitarra fa il suo spettacolo. Diciamo cosi, è una combinazione di suoni che se li ascolti singolarmente sembrano semplici, anche perché non è un brano complicato da ascoltare, però è efficace. Un po’ in loop con delle frasi che però escono, semplice come un sex on the beach, che può essere un drink o altro, in generale è un bel feel good.
Quarta traccia è Roses.

M: Roses viene fuori da un progetto vecchio mio e di Enrico, direi del 2019, l’abbiamo ripresa un attimo e abbiamo aggiunto delle idee, come per esempio il flauto, non riuscirei neanche a inquadrarla in un genere. 

M: È molto particolare. Mi sono divertito molto a scriverla e pensarla, è diversa dalle altre, non è cantata ma quasi sussurrata. Il tema della canzone è la crescita, di quando giocavamo nel fango ed eravamo piccoli, fino al momento di realizzazione che stiamo crescendo, le rose del titolo le ho scelte perche davanti alla mia finestra da piccolo c’era un rovo di rose.

G: Traccia numero cinque, Find Me, è il nostro singolo di apertura, il nostro cavallo di battaglia di cui, a proposito qualche giorno fa è uscito il remix di Ceci. Find Me parla del periodo in cui stavo con una persona e non trovandomi bene cercavo di allontanarmi, ma per qualche motivo finiva sempre per spuntare fuori nella mia vita, da qui il “I know you’re trying to find me, I’m trying to run away, I just want to be free, but you want me to stay” del testo, si riferisce proprio a questo. Il testo in sè è molto semplice.

G: Numero sei, abbiamo Forever. Questa l’ho scritta in treno e l’ho scritta pensando a qualcuno in particolare, era il periodo del Covid ed ero convinto non sarei ritornato in Cornovaglia, appunto un rilascio di emozioni forte. Poi la strumentale è bellissima, spacca.
Salt, traccia sette, è proprio un inno del weekend, un grande “drop in to the weekend”. Abbiamo fatto anche un video dove raccontiamo della nostra serata. Nell ritornello parla appunto di come la vita vada presa con un granello di sale, non prendersi troppo sul serio e divertirsi un po’. 

G: L’ultimo bravo è Aura, che è il nostro bravo più vecchio, lo suonavamo già con i Funky Awesome Crew, quello in fondo è rappato.

M: Si è vecchia, mi sa che risale anche lei al 2019.

G: abbiamo iniziato a suonarla nel 2019 ma io l’ho scritta nel 2018 in aereo mentre tornavo da Ibiza. L’ho scritto per questa ragazza che si chiamava Laura, l’avevo conosciuta lì e mi sono trovato sempre bene, parla di quello che facevamo e ha quasi un tocco malinconico.

A: Bello come Aura sia il collegamento tra quelli che eravamo e come siamo diventati ora. Abbiamo voluto chiudere l’album con il brano che è più tendente al nostro passato ma già legato con il nostro presente, eravamo già coscienti che stavamo cambiando quando l’abbiamo scritto, non eravamo sicuri in che modo saremmo cambiati ma avevamo già iniziato.

Perché avete scelto di introdurre i synth?

E: Quasi tutti i nostri brani sono nati dai nostri incontri e, mentre io rimanevo alla chitarra, Michele spesso andava alla tastiera, improvvisando qualcosa. Successivamente sostituivamo il pianoforte con i synth.

M: Per come si sono evolute le nostre canzoni abbiamo voluto aggiungerli perché senza ci sembravano un po’ vuote. Non bastava più chitarra, basso e batteria, sentivamo la necessità di introdurre qualcos’altro. Possiamo dire quindi che la scelta è stata sia per divertimento, per sperimentare, ma anche per necessità.

Trovate che nella vostra musica ci sia un particolare suono che manchi o che vorreste provare?

M: Al momento non mi viene in mente niente di particolare, però sicuramente i suoni sono da rifinire. Dobbiamo ancora definire per bene la nostra identità sonora.

E: Anche io non sono ancora soddisfatto del suono. Ho in mente un’idea sonora complessiva a cui però non siamo ancora arrivati, e in realtà non so perfettamente come arrivarci. Il problema principale è che spesso, soprattutto all’inizio, vai a registrare il pezzo da uno, poi vai fartelo mixare dall’altro, e alla fine non è mai quello che avevi in mente tu. Infatti adesso facciamo tutto noi.

M: Sì i brani nuovi li stiamo producendo da soli, un lavoro che sicuramente ci lascia infinite libertà ma è anche molto complicato perché dopo tante volte che ritorni a lavorare sugli stessi pezzi ti si frigge il cervello e iniziano a farti schifo. È un lavoro che ancora dobbiamo imparare, lo faremo piano piano acquisendo esperienza.

Come o dove consigliereste di ascoltare il vostro album per il primo ascolto?

E: Io consiglierei di ascoltarlo con la cassa Bluetooth mentre si fa da mangiare, o in generale mentre si sta facendo qualcosa in casa.

M: Per me è un album da macchina. Se fai un viaggio in macchina è l’album perfetto, perché ci sono vari alti/bassi e vibes veramente adatti.

G: La scelta migliore è sicuramente ascoltarlo in auto andando verso il mare, però in realtà è adatto a qualsiasi tipo di viaggio, non solo in macchina ma anche in treno o in aereo.

E: È un album leggero, molto “feel good” se possiamo dire.

Se i vostri testi fossero applicati a un altro tipo di musica sarebbero interpretati in modo diverso. Che valore aggiunto dà la musica che fate ai testi?

E: Secondo me è il testo che segue la musica, soprattutto per come scriviamo noi.

M: Per ora i testi sono stati scritti da Giacomo sempre successivamente alla realizzazione della base, quindi viene ispirato dalla strumentale.

G: Le parole consolidano quello che trasmette la base. A volte è proprio il testo che accompagna la strumentale, come ad esempio in Salt, in cui il testo riflette la parte suonata. Era impossibile scrivere un altro testo sulla strumentale di Salt

C’è stato un criterio per scegliere l’ordine delle tracce nell’album?

M: Sì, c’è anche stata una discussione. Eravamo d’accordo sulla prima e ultima traccia, abbiamo discusso su come ordinare la parte centrale. In generale volevamo che l’album fosse dinamico all’ascolto, per questo abbiamo fatto tante prove finché non siamo arrivati a un risultato che ci soddisfacesse.

Mentre lavoravate all’album, cosa avete scoperto di voi stessi?

G: Sicuramente che c’è ancora tanto lavoro da fare. Questo era il primo album di uno stile nuovo per noi, quindi abbiamo acquisito delle skills che prima non avevamo. Una cosa che possiamo dire sull’album che uscirà in futuro è che abbiamo sperimentato molto con i cori, che non avevamo mai utilizzato prima. In conclusione direi che più scriviamo e sperimentiamo, più impariamo cose nuove e come farle bene, è un’evoluzione costante.

A: Più che dal punto di vista personale, io ho vissuto una riscoperta come musicista. Ho composto e suonato le parti di batteria in modo diverso e nuovo. Rispetto all’approccio che avevamo prima, ora siamo più minimalisti e andiamo a curare meglio i dettagli, “less is more” come si suol dire. Questo album mi ha aiutato molto a crescere come batterista.

Qual è la soddisfazione più grande che vi può dare una persona che ascolta la vostra musica?

M: Se una persona si rispecchia nelle nostre canzoni, si diverte e si emoziona, allora abbiamo centrato l’obiettivo.

E: Per me anche solo se si salva la canzone, invece che ascoltarla solo una volta. 

A: La mia più grande soddisfazione invece sarebbe sentir cantare i testi durante i live.

Perché in alcune canzoni avete scelto di utilizzare effetti vocali, ad esempio l’autotune?

M: L’abbiamo utilizzato soprattutto nel ritornello di Swing Past Mine ed era voluto, ci piaceva sentire la divisione netta delle note. In generale gli effetti vocali sono voluti semplicemente per estetica.

Da dove viene il nome dell’album “Loverspeed”?

G: Viene dal testo della traccia Fall In Love. Possiamo dire che è un termine inventato da noi, proviene da “light speed” ovvero “velocità della luce” e “Loverspeed” per noi è la velocità dell’amore.

Se poteste collaborare con un artista, quale sarebbe?

G: Io sceglierei Damon Albarn, un vero London boy.

M: Per me sarebbe curioso lavorare con Paul McCartney.

A: A me invece piacerebbe collaborare con George Martin, il quinto Beatle.

***

Abbiamo scoperto tante cose su Lafanki e il loro album “Loverspeed”. Siamo curiosissimi di scoprire cosa li riserva il futuro e soprattutto cosa tengono in serbo per noi i Lafanki. Noi continueremo a seguirli e terremo aggiornati anche voi.

Articolo a cura di: Eleonora Maria Catalano e Lia Taveri.

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