Picture of Simone Guidi

Simone Guidi

Redatto da

Come La TRAP Ha Distrutto La Musica Italiana

Come La TRAP Ha Distrutto La Musica Italiana

Picture of Simone Guidi

Simone Guidi

Per molti potrà sembrare un’affermazione banale, per altri un’incredibile eresia, altri ancora si potrebbero chiedere: “Che cazzo è la trap?”, ma una cosa è certa: nel panorama musicale italiano attuale, di fronte alla pochezza dei contenuti musicali che troviamo tutti i giorni in radio, in televisione ed in streaming, la trap è riuscita dove molti altri hanno fallito, ovvero nel comprimere all’interno di essa il nulla cosmico più assoluto, in termini di testo, musica e contenuto, al fine di propinare al pubblico un prodotto fatto di autoesaltazione, arrivismo e condito da un pizzico di ignoranza… e ho appena iniziato a scrivere.

Ma andiamo per gradi e cerchiamo di contestualizzare il perché di queste affermazioni: partiamo col dire che la trap nasce da una ramificazione del southern rap americano, caratterizzata principalmente da suoni minimali, in sintesi drum machine, pad o sintetizzatori. La cosa importante per fare questo genere di musica è che i suoni siano BASSI, ovvero che si formi quasi un tappeto musicale cadenzato da qualche colpo di cassa in tonalità molto gravi che vengono ripetute praticamente in loop per tutta la canzone. Già qui si può riscontrare il primo problema, la mancanza di innovazione musicale: la trap rappresenta la degradazione ultima di questo fenomeno che negli anni ha portato a scartare qualsiasi suono ritenuto complesso o di difficile interpretazione, lasciando spazio a motivetti ripetitivi che vanno a disgregare la figura del musicista che studia per anni, incanalando il tutto nel producer, ovvero colui che produce le basi di queste canzoni grazie alla tecnologia del MIDI, e che, al 90%, non ha la minima idea di quel che sta facendo. Ovviamente, come in tutte le storie, esistono delle eccezioni, come alcuni producer che almeno riescono a caratterizzare i loro brani di un “colore musicale”, alternando momenti fatti da tonalità molto basse a momenti più sospesi, creati con una diversa varietà di strumenti e di linee melodiche, ad esempio Charlie Charles è uno dei producer più conosciuti, ma anche più variegato nel suo modo di “produrre” i brani. Fin qui qualsiasi persona potrebbe pensare “E allora che problema c’è? Tutti i generi musicali sono belli o brutti se fatti bene o meno, è questione di gusti!”, assolutamente vero, il problema che sorge in questo caso è che un brano può essere più o meno apprezzato se comunica qualcosa, qui non esiste alcun tipo di messaggio, più o meno superficiale che sia, qui vince l’autoesaltazione, o come piace chiamarlo a me, il “modello Gianluca Vacchi”.

Per chi non sapesse chi sia Gianluca Vacchi, vi basti sapere che è uno degli influencer italiani più acclamati di instagram, ricco sfondato, che si fotografa e si filma mentre vive la bella vita, ostentando la sua ricchezza a chiunque lo guardi, ed è proprio per questo motivo che piace tanto, perché in fondo al nostro animo tutti vorremmo essere ricchi sfondati, non fare un cazzo da mattina a sera e vivere la bella vita sorseggiando champagne su uno yacht. La trap traduce in sé tutto questo: sesso, droga e rock ‘n’roll, come le vere rockstar, chi non lo vorrebbe essere?

La Dark Polo Gang è stata la prima “crew” trap che ostentava queste caratteristiche, sottolineando una smisurata ignoranza culturale, pochezza di contenuti, ma tanta ricchezza materiale, che li ha fatti passare da odiati ad amatissimi tra i teenagers (e ci aggiungiamo pure qualche ventenne).

E poi arrivò lui, che è il fulcro ed il motivo per cui ho voluto scrivere questo articolo, Sfera Ebbasta; il trapper più acclamato e venerato negli ultimi anni (anche se sarebbe meglio dire mesi, vista la velocità d’ascesa di questo ragazzo). Inspiegabilmente piace tantissimo: autotune a palla, testi che parlando di come, e cito, “si scopa le bitches” e “prende la droga con i fra” ed una autocelebrazione che manco i fratelli Gallagher assieme. Finora però vi ho descritto un modello di artista che sembra sbagliato fino ad un certo punto, ma sicuramente non tale da distruggere la musica italiana! Allora continuo la mia storia dicendovi che il 19 gennaio 2018 è uscito l’ultimo album di Sfera Ebbasta, intitolato “Rockstar”; come avrete capito non sono un amante del genere, ma mi ha particolarmente incuriosito il titolo, che lo stesso artista spiega in un’intervista: “Avevamo pensato che si sarebbe potuto chiamare trapstar, ci sembrava troppo riduttivo, i nuovi trapper e i nuovi rapper sono le nuove rockstar per lo stile di vita, per come vengono visti, ed abbiamo deciso di chiamarlo rockstar per dargli la giusta importanza”. Questo pensiero mi trova pienamente d’accordo con questa nuova visione della musica: il rock, soprattutto in Italia, è morto, è inutile negarlo, tranne qualche baluardo sporadico ormai le nuove generazioni puntano sul rap e sulla trap, e va bene così, è normale che i tempi cambino, anche con la musica (per quanto mi pianga il cuore per questa situazione) è necessario che ci sia un rinnovamento culturale. Ma come è stato detto dallo stesso trapper, se loro sono le nuove rockstar dovrebbero rappresentare un movimento che non si limita solo all’apparenza o all’esagerazione, è assolutamente vero che questa è una parte importante dell’essenza delle rockstar, ma parliamo anche di personaggi che al loro tempo hanno mosso delle orde di persone, con ideali, con battaglie sociali trasposte in musica, che hanno rappresentato e combattuto quelli che erano i sentimenti sociali e politici di generazioni che li vedevano come guide. Queste tipologie di artisti hanno distrutto i pilastri della musica venuta prima di loro, ma ne hanno costruiti di nuovi, hanno rivoluzionato un modo di pensare ed un modo di essere; i trapper no, questi si fermano solo alla superficie, distruggendo quel poco di cantautorato che è rimasto in Italia e lasciando spazio ad un vuoto culturale nel quale sguazzare privi di alcun tipo di idea o sentimento, dove l’unica cosa che conta è arrivare ad essere famosi e conosciuti, visto che basterebbe quello a vivere felici.

Ci sono altri trapper, come Ghali, che provano a dare un tono sociale ai loro brani, ma rimangono sempre su un velo superficiale, anonimo ed autoreferenziale, senza provare in alcun modo ad elevarsi a temi più importanti, che non necessariamente devono essere impegnati, ma che almeno riescano a trasmettere una visione interiore che vada oltre al tipico: “Sei felice? Si, ma se avessi qualche soldo in più non sarebbe male”.

Ma dove voglio arrivare con questo discorso?
Ormai è necessario ammettere che, volenti o nolenti, un cambio negli stili e nei generi musicali sia fortemente richiesto dalle nuove generazioni, ma se queste sono disposte ad accettare ed amare questa pochezza culturale la colpa è solo di una perdita comunitaria di sensibilità verso la musica. Quest’ultima non viene più insegnata a dovere, il tutto si riduce ad una ricerca personale che non sempre si identifica con una crescita culturale, ma che il più delle volte ricade nello stereotipo più tipico del
faccio musica = divento famoso e pieno di soldi. Con questo articolo la mia speranza è quella di sensibilizzare i giovani musicisti e non, quelli più underground e non, a desiderare una continua crescita della propria musica, a non accontentarsi di piacere al pubblico, ma a voler costantemente trasmettere qualcosa, per suscitare un’emozione nelle persone, per fare aprire loro gli occhi su ciò che le circonda e per non inabissarle nella pochezza culturale in cui stiamo lentamente sprofondando. Questo è quello che fanno le vere rockstar.

Simone Guidi

Ultimi articoli

Iscrizione avvenuta con successo!

Ha fatto parlare Jimi Hendrix, ora fa parlare Noi.

Cerca