Il 30 Marzo 2018 è uscito No Mercy In This Land, un nuovo disco che puzza di fango del Mississippi, e che porta le firme di Ben Harper e di Charlie Musselwhite. Questi due mostri sacri ci avevano già deliziato con un disco assieme cinque anni or sono, Get Up!, che vi consiglio di approfondire. Ma a parer mio con questa ultima pubblicazione, si sono davvero superati. Un disco di inediti che al meglio rende giustizia a tutta la tradizione blues, dal fangoso delta del Mississippi all’elettricità di Chicago, con tutto quello che vi è nel mezzo.
Ben Harper è uno dei più grandi artisti a noi contemporanei, capace di creare da sempre una miscela di tutta la black music con altre sfaccettature tipiche della musica americana. Siamo da sempre quindi abituati a dischi che partono dal folk, passano per il reggae, toccano il blues, abbracciano il soul ed il gospel per alla fine sposare il rock. La sua discografia è molto ampia, e sin dai primi dischi con la sua storica band, gli Innocent Criminals, ci ha abituato a sorprenderci sempre, e ribaltare le nostre aspettative di un disco. Tant’è che di dischi registrati con gli Innocent ma senza che questi appaiano sulla copertina ce ne sono diversi, fino ad arrivare a cambiare band (e di conseguenza stile) ed appoggiarsi ai Relentless 7. A parte forse uno dei suoi ultimi dischi con la madre, Ellen Harper, ci ha sempre regalato emozioni e brani meravigliosi.
Ma uno dei suoi lavori più interessanti si è rivelato il disco Get Up! del 2013, dove assieme ad uno dei pilastri del blues, Charlie Musselwhite, ha fatto un passo indietro ed è andato a riscoprire le radici non solo sue, ma un po’ di tutta la musica moderna, quantomeno quella americana: il blues. E con questo nuovo capitolo, No Mercy In This Land, è andato ancora più a fondo, riuscendo a regalarci un piccolo capolavoro.
L’assenza di prevedibilità artistica di Ben Harper è data dal fatto che uno dei suoi pensieri principali è quello di scrivere, scrivere e ancora scrivere: quindi se appena un paio di anni fa ha rimesso in piedi gli Innocent Criminals per un disco che sembra uscito dai migliori anni della band, se ne esce con un disco che scava alle radici del blues. E di questo, non dobbiamo meravigliarci affatto. Perché, alla fine, a pensarci bene, non è che i nostri giorni siano tutto un rose e fiori ma anzi, come lui ribadisce sono tempi bui, cupi. Ed il Blues è sempre lì pronto ad aiutarti a rialzarti e darti la forza per continuare.
A pensarci bene, anche al giorno d’oggi, il blues è più attuale che mai.
Mi ha fatto sorridere Musselwhite, quando intervistato da Manuel Agnelli nella sua bellissima trasmissione “Ossigeno”, ha cercato di spiegare il blues in due parole: “Vedi, il country direbbe così: la mia donna mi ha lasciato, ora mi ammazzerò. Il blues invece è molto diverso, perché direbbe: la mia donna mi ha lasciato, ora ne troverò un’altra.” Queste parole così semplici e così dirette, dette da uno che il blues l’ha vissuto e ha veramente contribuito a farlo crescere, mi hanno fatto veramente capire cosa vuol dire vivere davvero il blues, e di che forza ha avuto su quelle persone nei campi di cotone, e di che forza può ancora trasmettere oggi ad ognuno di noi, anche se per viverlo ci limitiamo ad infilarci un paio di auricolari. Ma anzi, forse proprio grazie a quello che possiamo imparare da questo disco, possiamo provare a viverlo più a fondo, e mettere in pratica nella vita, di fronte ai problemi e alle difficoltà, la lezione che il blues riesce a darci. Di rialzarci, combattere. Il blues alla fine non è nient’altro che resilienza.
Il disco è incentrato tutto sulla forza del blues e di ciò che riesce a comunicare. Si apre con When I Go, un blues elettrico dal riff lento ed incalzante, introdotto da dei cori che creano un’atmosfera sinistra e maestosa, che poi continueranno a legarsi con l’armonica di Musselwhite.
Bad Habits è invece un jump-blues, dove, nonostante sia stato scritto da Harper come tutti gli altri brani del disco, sembra che gli insegnamenti di John Lee Hooker, Musselwhite li abbia trasmessi ai suoi colleghi.
Love And Trust è una stupenda ballata che riesce a far sposare in maniera sublime il Delta con il soul, dove l’armonica con le sue blue note e le sue frasi minori riesce a convivere splendidamente con le atmosfere serene della slide-guitar.
The Bottle Wins Again potrebbe essere stata scritta tranquillamente da Muddy Waters in persona: il blues elettrico di Chicago e della Chess Records rivive in questo brano, dove un riff con armonica e chitarra all’unisono lasciano poi spazio ad uno shuffle impeccabile, ulteriore prova della splendida coesione di basso e batteria in questo disco.
Found The One è forse il brano che più ci ricorda le sonorità dei primi dischi degli Innocent Criminals, ma non per questo banale o scontato, anzi: l’armonica di Musselwhite ancora una volta colora il tutto impeccabilmente.
When Love Is Not Enough è un piccolo capolavoro, una ballata soul toccante, che ti toglie il fiato. Avete presente una di quelle canzoni che quando la si ascolta per la prima volta ci si ferma, si smette di fare qualsiasi cosa e si rimane immobili ad ascoltarla? Ecco, proprio una canzone di quelle lì. Ho avuto la fortuna di vedere la prima delle due date italiane della tournée di questo album, dove l’hanno eseguita nel finale. Ad un volume bassissimo, e la platea si è ammutolita. E Ben Harper che sposta indietro il microfono e canta a cappella. E la mia pelle d’oca altissima.
Trust You To Dig My Grave è un country-blues, un brano acustico che rende omaggio alla tradizione blues, suonato semplicemente con una dodici corde e un’armonica. Ed è meraviglioso.
No Mercy In This Land è la title track del disco, e subito capisci il perchè. Al confine tra il Delta e il southern, è un brano cupo, con un testo importante. “Quale sarebbe la prima cosa che chiederesti al Signore? E l’ultima cosa che sogneresti se poi non potresti più sognare? Aiutami a capire perché non c’è più pietà in questa terra” recita la prima strofa, dove la voce di Harper ricalca le note delicatamente suonate su una vecchia Martin droppata in Open-C. Potrebbe sembrare una strofa scritta da un vecchio bluesman degli anni 30, e invece è più attuale che mai. E proprio qui, mi ha aiutato a capire la potenza e la forza che ancora ha il blues.
Movin’ On è un gran bel blues dalle atmosfere elettriche, con un continuo intreccio di melodie maggiori e minori, con la slide guitar di Harper che fa botta e risposta con l’armonica di Musselwhite, sopra una ritmica che è davvero un treno, con una coesione della band impeccabile.
Nothing At All è una di quelle perle firmate Ben Harper. Un brano lento e struggente, dove Harper suona una semplice melodia al pianoforte, e a sostegno della sua voce sussurrata troviamo le spazzole sul rullante, il contrabbasso, e Musselwhite che delicatamente molto in lontananza segue il piano. Un cantato sofferto, che rende questo questo brano un perfetto mix di soul e blues, uno di quei brani che ti prende dritto all’anima.
Insomma, No Mercy In This Land è un disco formidabile, due giganti come Ben Harper e Charlie Musselwhite sono riusciti a rendere omaggio a tutto quello che si poteva omaggiare: la cultura del blues in tutto e per tutto, dal viverlo al suonarlo, a rispettare e omaggiare, e dove possibile cercare di migliorare. Anche perché non dobbiamo dimenticarci che if you have to play blues, you have to pay the dues.
Jacopo Aneghini