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Anita Macchioni

Essere in una band ovvero crescere assieme nel mondo – Intervista agli InternoQuattro

Essere in una band ovvero crescere assieme nel mondo – Intervista agli InternoQuattro

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Anita Macchioni

Recentemente abbiamo avuto l’opportunità di fare quattro chiacchiere con gli Internoquattro, band di Bologna, riguardo la loro recente formazione e ai progetti presenti e futuri.
Ciò che è venuto fuori è stato un dialogo nella quale ci si è confrontati sui desideri e le ambizioni che una band e dei ragazzi giovani possono avere e su quanto aprirsi ad un’esperienza collettiva come quella del fare e scrivere musica insieme consista in una delle opportunità più belle e ricche per mettere a tema il rapporto tra sé e gli altri ed il senso di ciò che facciamo.

Gli Internoquattro sono un progetto musicale che nasce nel 2022 all’interno delle quattro mura che ne porta il nome, per proporre a tutti gli appunti e scarabocchi che Edoardo Moro ha tenuto nel cassetto per oltre dieci anni.
Il primo singolo “Le Note Della Domenica”, autoprodotto a Bologna presso “Grey Studio”, è uscito il 3 febbraio 2023. A distanza di due mesi lo ha seguito “Dannati Guai”.
La band si propone di suonare le proprie canzoni in giro per il nord Italia in contemporanea alla pubblicazione del primo EP, previsto verso fine estate 2023.

https://www.instagram.com/internoquattro_official/


Internoquattro sono:

Filippo (Filo): batteria e producer

Luca (Bazz): Cantante

Stefano (Cerne): Tastiere

Filippo (Flipper): chitarra, produzione

Edoardo: chitarra, compositore

Francesco: bassista

Come quando e perché avete formato la band?

Luca: Tutto è nato in un appartamento di Bologna dove io e Edo eravamo coinquilini. Dopo qualche mese che convivevamo, ho scoperto che Edo scriveva dei pezzi e molto di soppiatto ho iniziato ad ascoltare quello che suonava. Piano piano ha iniziato a farmi sentire i suoi brani e ho deciso che dovevamo fare qualcosa con quei pezzi nonostante lui non fosse molto convinto a riguardo.

Tramite degli amici di Edo siamo arrivati a Filo in quanto producer e bevendo una birra al bar abbiamo deciso di formare una band coi nostri amici. 

Successivamente Filo si è convinto di partecipare nel progetto anche come batterista e abbiamo iniziato a cercare gli altri musicisti che avrebbero dovuto partecipare al progetto. Abbiamo trovato gli altri membri tramite amici di amici.

Da dove deriva il nome del gruppo?

Luca: Sicuramente trovare il nome è stata la cosa più difficile fino ad ora, è stato un lavoro durato molti mesi. Fin dall’inizio era presente un nome proposto da me ovvero “Interno Quattro”. Questo nome era frutto del posto dal quale è iniziato tutto il percorso ovvero nell’appartamento dove abitavamo io e Edo: scala cinque, interno quattro.

Edo: La cosa divertente è che questo è stato il primo nome proposto ma nonostante questo lo abbiamo scelto solo dopo sei mesi e dopo aver utilizzato tutti i mezzi possibili per trovare un nome senza mai avere dei bei risultati.

Come mai avete scelto questo genere musicale?

Edo: In realtà non l’ho scelto, è arrivato. Io di solito scrivo con la chitarra acustica o con la tastiera e ho iniziato a comporre i pezzi in quella maniera. Non ho “scelto” il genere, è stato il genere che è arrivato a me. A livello di produzione abbiamo lavorato tutti assieme scegliendo le cose che più ci convincevano.

Stefano: La cosa più bella di questo progetto, anche paragonandolo ad altri lavori, è che ciascuno di noi ha libertà di esprimersi a livello musicale per cui, nonostante sia Edo a scrivere i pezzi, ognuno di noi contribuisce e ha modo di mettere se stesso dentro quello che facciamo.

Quindi il prodotto finale è creato dell’unione da tutto quello che siamo individualmente a livello musicale.

Qual è stato il vostro percorso musicale?

Edo: Io ho preso lezioni private di chitarra elettrica per un paio d’anni.

Flipper: Io ho iniziato a suonare quando avevo nove o dieci anni in casa per conto mio e ho fatto quasi tutto da autodidatta, a parte gli ultimi anni dove ho preso un po’ di lezioni per poi smettere dopo poco.

Stefano: Io ho iniziato a prendere lezioni private di pianoforte classico in prima media e ho continuato fino alla quarta liceo. Nel frattempo mi trovavo con i miei amici a suonare della musica contemporanea e non solamente i pezzi di Chopin. Intorno alla seconda liceo ho scoperto il jazz e da quel momento sono sempre andato “a fasi”.

Luca: Io ho una formazione classica, infatti ho iniziato con la scuola musicale da piccolino per poi fare tre anni al conservatorio. Ho poi abbandonato il conservatorio e per un breve periodo sono tornato alla scuola musicale. Ho suonato il violoncello e cantavo in molti cori. Quest’anno ho iniziato ad essere seguito da una Vocal Coach così piano piano migliorerò.

Filo: Vengo da una famiglia di musicisti per cui ho un percorso musicale che è sempre stato presente, fin da quando ero piccolo. Ho iniziato a prendere lezioni di chitarra e poi una volta è arrivata in regalo a mia sorella una batteria (uno strumento che mi ha sempre incuriosito), per cui da quel giorno ho iniziato a suonare sempre e imparare da autodidatta, migliorando ogni volta di più. Ho preso un pochino di lezioni ma per un breve periodo e successivamente ho creato una sala da musica nella mia cantina. Ho iniziato a registrare e piano piano anche con un bell’investimento in termini di denaro ho creato un vero e proprio studio.

Non ho una formazione teorica infatti non so leggere la musica. 

Qual è il momento migliore per ascoltare le vostre canzoni?

Flipper: Il momento migliore? Ah boh…

Stefano: Io direi in auto perché facciamo delle canzoni movimentate e adatte all’atmosfera del viaggio.

Edo: In realtà, secondo me, non diamo troppa importanza al momento nel quale ascoltare la nostra musica, va bene in qualunque contesto.

Filo: Io ho un concetto di ascoltare la musica un pochino diverso, tendo a cercare le canzoni che narrano quello che sto vivendo e in qualche modo mi fanno compagnia nella mia vita per cui penso che le nostre canzoni dovrebbero essere ascoltate allo stesso modo.

Qual è la più grande soddisfazione che potreste avere da qualcuno che vi ascolta?

Stefano: Sicuramente sentire che riusciamo a far comprendere i messaggi che cerchiamo di trasmettere alle persone. Riuscire a farle compagnia magari anche in momenti bui sarebbe un grandissimo obbiettivo. Io inoltre, come musicista, ci tengo sempre molto che l’arrangiamento dei pezzi suoni bene e quindi che le persone trovino interessanti i riff, le basi, eccetera.

Le canzoni sono dedicate a qualcuno in particolare, eventi?

Edo: C’è tutta la mia vita, eventi che mi sono successi, ad esempio amici, morosa, famiglia… un po’ tutto quello che mi circonda, che mi ispira vivendolo in prima persona o vedendolo come persona esterna. Scrivo ormai da dieci anni, sicuramente ho avuto una grande evoluzione però comunque mi ispiro sempre a cose accadute o emozioni passate.

Se il testo per voi ha così tanta importanza, perché avete scelto di scrivere dei brani musicali e non delle poesie? Che importanza date alla parte strumentale?

Edo: Io normalmente arrivo dagli altri con il testo e l’armonia o un riff… di solito, addirittura, scrivo prima la musica rispetto al testo e poi mi viene l’idea per raccontare una storia ed amalgamare le due cose.

Filo: Per me è interessante l’abbinamento che creiamo tra il testo un po’ malinconico e la musica allegra. Dà molta carica e questo contrasto fa risaltare ancora di più ciascuno dei due elementi.

Stefano: Secondo me una cosa fondamentale è riuscire ad amalgamare al meglio musica e testo, cercando di creare un testo giusto per una musica e viceversa. Ad esempio se una canzone ha un testo malinconico che però accenna alla speranza o alla rabbia bisogna comunque metterci energia, quindi la batteria che tira e la chitarra distorta, ecc. È molto importante creare armonia all’interno di un brano e magari non abbinare sempre al testo triste la musica triste e viceversa.

Qual è la condizione migliore in cui suonare secondo voi?

Stefano: Per me è importantissima l’interazione col pubblico, in particolare avere qualcuno da guardare. In particolare amici o parenti. Anche perché se non guardassi nessuno e se non interagissi col pubblico perché dovrei rischiare una brutta figura piuttosto che rimanere a suonare nella mia camera indisturbato? Alla fine l’interazione col pubblico per me è davvero vitale.

Cosa avete imparato di voi stessi con questo progetto?

Flipper: Io ho imparato che facendo musica posso capire di me e creare un’amicizia con le persone con cui suono. Non un’amicizia superficiale, ma un’amicizia profonda e vera.

Anche la musica, se non la fai per un motivo rischia di stancare. Stando insieme e portando qualcosa di bello rifletto molto sulla mia vita e sul perché fare le cose. Quindi rispondo alla domanda dicendo che a me la musica fa emergere a sua volta una domanda, questa volta nei miei confronti. Una domanda esistenziale.

Stefano: Per me invece, con questo gruppo, è stato il primo momento dove mi sono reso conto che non serviva che io fossi perfetto per godere la bellezza di quello che stavo facendo. In passato infatti avevo smesso di suonare proprio per questo motivo, mi focalizzavo troppo sui miei errori cercando la perfezione.

Perché qualcuno dovrebbe ascoltare le vostre canzoni?

Stefano: Nessuno “DOVREBBE” ascoltarci, se qualcuno ci intercetta e gli interessiamo per quello che siamo abbiamo una persona in più con la quale condividere la nostra vita. Il nostro obbiettivo è quello di comunicare per noi stessi e se qualcuno si vuole aggiungere al nostro cammino è un grandissimo piacere. Noi sicuramente siamo amici e questo è molto importante per il gruppo.

Perché fare musica e perché formare una band?

Filo: In primis perché mi rende felice e anche se fin da bambino ho amato la musica, solo adesso ne riconosco il valore e mi rende veramente soddisfatto. Ha aiutato il mio percorso di vita e ho compreso quanto la musica mi aiuti a venire fuori dalle difficoltà. È bello avere degli amici con cui condividere questa passione e comprendere quanto la musica ci abbia cambiati e uniti. Quindi adesso posso fare quello che amo con delle persone che mi aiutano e mi rendono felici piuttosto che da solo.

Stefano: La musica sicuramente non è la ricetta per la felicità nonostante sia la più grande passione della mia vita. Ciò che dà effettivamente senso alla musica è che è un grande strumento per entrare dentro la realtà ponendosi una domanda e incontrare qualcuno con cui indagare su questa domanda. In questo, essere una band è un aiuto in quanto si decide di non stare da soli nonostante anche come solista sarebbe inevitabile interfacciarsi con altre persone. Perché alla fine, anche se fai musica ma vai a letto la sera e ti senti solo, non è servito a niente. Quindi è importante trovare qualcuno con cui condividere le tue passioni e con cui non sentirti solo.

Edo: Per me è come fidanzarsi, infatti noi non saremmo nati come gruppo se qualcun altro non mi avesse guardato in un modo in cui io non mi riuscivo a guardare. Se Luca non avesse insistito nel fare qualcosa con i brani che scrivevo, adesso non saremmo qua. La band ti aiuta così tanto che tu impari a scoprirti. Questo è come l’amore, imparare a mettere da parte la propria opinione per chiedersi come la pensano gli altri, lavorare insieme e crescere sempre.

Luca: Secondo me avete detto bene tutti, è molto importante fare un percorso insieme, con i propri amici e poi portarlo agli ascoltatori. Adesso, che siamo all’inizio del nostro percorso, siamo in luna di miele quindi speriamo di aver comprato i biglietti per l’andata e di non avere bisogno quelli per il ritorno.

Anita Macchioni, Vittorio Formignani

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