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Ferrara Singers Project: Quindici solisti sotto un unico tetto

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Foto di Valentina Mazza

Per la prima serata di Un Parco di Musica, iniziativa dell’Associazione Musicisti di Ferrara in collaborazione con Barley Arts e la Fondazione Teatro Comunale, questo 9 settembre è stata proposta una rassegna gospel, ma non solo, del Ferrara Singers Project.

Undici cantanti (Alessandra Alberti, che è anche direttrice, Ambra Bianchi, Annalisa Vassalli, Chiara Bolognesi, Elisa Braiato, Meri Rinaldi, Michele Negrini, Pierluigi Andreotti, Roberta Righi, Silvia Veronesi, Stefano Sardi) e quattro musicisti (Andrea Marchesin al basso, Emanuele Vassalli alle tastiere, Iarin Munari alla batteria, Emanuele Zullo alla chitarra), ognuno con la propria carriera solista, riuniscono le proprie specialità sotto le ali di questo progetto per portare una versione unica di band gospel.

Il risultato, è proprio il caso di dirlo, è divino.
Dopo la performance ho chiesto ad alcuni membri di raccontarci questa esperienza.

Com’è nato il Ferrara Singers Project?

Ambra Bianchi: Il progetto è nato da una grande richiesta di gruppi che abbiano una componente corale, soprattutto sotto Natale, con tutto quello che è il repertorio del gospel. Quindi, contattati da Roberta Righi, che è un po’ la mente dietro tutto questo, ci siamo detti: perché non mettere insieme un gruppo gospel? Siamo partiti con l’idea di unire anche gli insegnanti di canto delle varie scuole di musica di Ferrara e provincia, perché nei dintorni ci sono tante ottime scuole insegnanti molto capaci, e quindi è stata anche un po’ una scusa per fare un collettivo di questo tipo. In realtà abbiamo capito fin da subito che non potevamo avere la forma di un coro gospel, un po’ per il background tipico del genere che ci manca, nel senso che siamo emiliani, romagnoli, siamo cresciuti a tortellini, ma poi anche perché abbiamo queste personalità così marcate, così ben distinte, che però si prestavano per lavorare su questo repertorio blues, soul e anche un po’ funky e pop, dandogli il nostro taglio personale. Da lì è nato questo progetto che abbiamo chiamato Singers Project, senza “gospel”, e poi abbiamo deciso di metterci l’accezione di Ferrara perché siamo tutti di questo bacino.
La cosa su cui mi preme mettere il focus è il fatto che siamo tutti professionisti, persone abituate a esibirsi singolarmente, però in questo caso abbiamo deciso di prendere la forma di un elemento comune, e non è così scontato: mettere insieme tanti solisti per formare un coro, non so quante realtà di questo tipo ci siano. E poi la cosa bella è che abbiamo voluto, e in questo Roberta è stata molto precisa nelle indicazioni, andare a pescare tante voci diverse nelle varie scuole di musica. Quindi, questo collettivo non è solo il coro ma è proprio un insieme di solisti che entrano ed escono da questa dimensione corale e che insieme creano un mix unico nel suo genere. Ciascuno di noi ha la sua particolarità. Elisa Braiato, ad esempio, di scuola ad Occhiobello, la conosciamo come artista più pop, e quindi perché funziona nel gospel? Funziona perché nel contesto ogni particolarità diventa quel pepe in più.

Alessandra Alberti: Volevo aggiungere una cosa, oltre a questo secondo me un’altra cosa molto bella è che questo sfati ogni diceria sul fatto che ci siano delle divergenze tra cantanti, anzi noi siamo un gruppo che perfettamente coeso e possiamo godere insieme di questo piacere che è la musica.
Inoltre, prima che, purtroppo, morisse ho lavorato con Bob Singleton, che aveva creato un coro gospel europeo: lui ci teneva moltissimo a questa cosa, perché riteneva che queste contaminazioni fossero essenziali. Noi non faremo mai un gospel nero, però lui per esempio apprezzava moltissimo anche la contaminazione di altre culture.

Ambra Bianchi: Poi ci sono i musicisti, che avranno pur bisogno di uno spazio anche loro, poverini. Scherzo, ovviamente! Come noi, sono professionisti solisti, però in questo contesto sono davvero al servizio del coro. Non sono in secondo piano, è difficilissimo il loro ruolo! Devono stare sempre sull’attenti a capire quando è il momento di cambiare sezione, se i cantanti vogliono fare una variazione sul momento, eccetera. Il nostro concerto ha anche una forma aperta, e questo richiede molta sensibilità.

Come sono coinvolte le scuole di musica?

Ambra Bianchi: Io faccio parte dell’Associazione Musicisti di Ferrara con cui anche Stefano Peretto (il batterista per questo concerto, ndr) collabora da anni, da cui sicuramente abbiamo avuto una mano nell’ospitare le prove per un gruppo come questo ma ci sono altre scuole di musica, come la sede della filarmonica Ludovico Ariosto, che pure ci ha ospitato parecchio durante le prove. Non di meno anche la scuola Theremin di Vigarano Pieve. Questi sono enti importanti per dare la possibilità a persone come noi di avere un posto dove trovarsi e condividere, perché sai a volte la logistica può ammazzare qualsiasi progetto, e invece queste collaborazioni ci sollevano la pesantezza della logistica. Poi quando c’è l’AMF che organizza un festival come questo, siamo in una botte di ferro insomma.
Meri Rinaldi, ad esempio, non ha questo background di scuola come noi, la sua carriera è talmente piena di date tutte le sere che non potrebbe mai insegnare, ma lei ha una professionalità molto radicata in tutto quello che è l’ambiente del ballo. Certe volte gli ambienti tendono a creare delle scatole che isolano, poi trovi una voce come la sua, che abbiamo messa nei tenori, ed ecco che questa solista diventa un’eccezione incredibile.

Da quanto tempo portate avanti questo progetto?

Alessandra Alberti: Abbiamo cominciato quasi un anno fa, perché avremmo dovuto fare un concerto a dicembre che poi in realtà è saltato per ragioni varie. C’è stata poi un’altra possibilità di concerto che poi non è avvenuta; quindi, ci siamo preparati a intermittenza in questi mesi. Anche perché siamo tutti professionisti, è difficile avere la presenza di tutti contemporaneamente. Però avevamo bisogno di questa spinta, di questo concerto, per iniziare a vedere se il progetto poteva piacere e continuare, anche con generi limitrofi al gospel, dal blues al soul.

Quali eventi avete in progetto per il futuro?

Roberta Righi: Stiamo programmando l’inverno, ci piacerebbero anche situazioni teatrali, ma per ora non abbiamo date certe, per cui speriamo di tornare presto a farvi sentire il nostro repertorio.

Alessandra Alberti: C’è un’ipotesi anche verso la Toscana, dentro una chiesa.

Cos’è per voi il gospel?

Alessandra Alberti: Nella mia esperienza è proprio un modo di vivere, certamente la sua matrice è religiosa, per questo è uno stile di vita, perché chi vive veramente il gospel lo vive da cattolico, ma non è necessario essere religiosi. L’intensità dell’esecuzione stessa lo rende un’esperienza religiosa.

***

E quindi, seguite su Facebook il Ferrara Singers Project, per non perdervi l’occasione di assistere, o scoprire, un’esibizione unica.

Giovanni Ferrari

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